5 dicembre 2019 – Stelle nel cervello e crescita sostenibile

Nel nostro cervello ci sono le stelle
Quando pensiamo a com’è fatto e a come funziona il nostro cervello, la prima cosa che ci viene in mente sono i neuroni, le cui lunghe ramificazioni e contatti specifici (sinapsi) rappresentano la base dei nostri pensieri, dell’apprendimento e della memoria. L’estrema complessità delle cellule neuronali viene però a un prezzo: i neuroni, infatti, sono molto delicati e fragili, non sopportano variazioni dell’ambiente esterno e non sono in grado di resistere a danni o malattie. Per di più, non sono capaci di moltiplicarsi e rigenerarsi come fanno, ad esempio, le cellule della pelle, ma restano sempre gli stessi dalla nostra nascita e per tutta la nostra vita. Chi si prende dunque cura dei nostri neuroni? Chi li sostiene, protegge e mantiene al riparo da possibili danni e malattie? Tutte queste funzioni sono svolte da un altro tipo di cellule presente nel nostro cervello, le cosiddette ‘cellule stella’, o astrociti, il cui nome deriva dalla loro caratteristica forma ramificata. Per lungo tempo si è pensato che gli astrociti fossero cellule abbastanza noiose, con l’unica funzione di sostenere i neuroni, mantenendoli al loro posto come una specie di scaffalatura. Ma un po’ alla volta si è cominciato a intuire che dietro quest’apparenza un po’ ‘dimessa’, gli astrociti nascondessero capacità molto più interessanti. Grazie anche allo sviluppo della tecnologia necessaria a vedere e seguire nel tempo lo sviluppo di queste cellule, oggi sappiamo che gli astrociti svolgono un ruolo importantissimo all’interno del nostro cervello: forniscono sostanze nutritive ai neuroni e ne controllano la crescita, spazzano via detriti e sostanze dannose, e mettono in campo una serie di meccanismi di protezione per salvaguardare i neuroni in caso di danno o malattia. Inoltre, oggi si sa che un malfunzionamento degli astrociti contribuisce all’insorgenza e allo sviluppo di numerose patologie del sistema nervoso. Nell’intervento di oggi la dottoressa Fabrizia Cesca, ricercatrice all’Università di Trieste, ci spiegherà cosa sono queste cellule stella e perché è così importante studiarle.

 

Scarti, rifiuti e anidride carbonica: da minacce a risorse per la crescita sostenibile italiana
L’urgenza ambientale e climatica sta mobilitando ormai da anni la politica europea, la scienza ed il mondo imprenditoriale. A fronte di un’opinione pubblica poco e mal informata, esistono ormai le tecnologie e le normative per rispondere a molte delle sfide a cui l’umanità deve rispondere per non rendere irreversibili i danni causati dalla crescita economica incontrollata ed irrazionale degli ultimi decenni. L’Europa e l’Italia hanno sviluppato le strategie per lo sviluppo di un nuovo approccio allo sviluppo sostenibile, definito “Bioeconomia circolare”, che permette di rivedere il modello produttivo e di consumo prendendo spunto dalla circolarità dei sistemi biologici naturali. In questo nuovo contesto l’Italia si presenta come un punto di riferimento grazie alle competenze industriali e scientifiche ma anche per alcune normative pionieristiche. Trasformare scarti/rifiuti agricoli, alimentari ed urbani in prodotti utili rappresenta ormai uno degli obiettivi principali dei programmi di ricerca europei ed italiani che mirano ad archiviare la rivoluzione industriale basata sullo sfruttamento del petrolio. Se è vero che “l’età della pietra non è terminata perché sono state esaurite le pietre” così anche l’era del petrolio verrà ricordata come un breve periodo dello sviluppo umano ma che è stato superato grazie a soluzioni più efficienti e convenienti, basate sull’uso e valorizzazione di carbonio rinnovabile, cioè derivato da bio-risorse. In quest’ottica, anche l’anidride carbonica diventa una materia prima alternativa alle fonti fossili di carbonio, e che permette già di produrre prodotti chimici o plastiche.

I relatori


Fabrizia Cesca ha una laurea in Scienze Biologiche all’Università di Padova e un dottorato in Neuroscienze allo University College di Londra (UCL). Ha lavorato come ricercatrice all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e di recente è stata assunta al Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste, dove studia, tra le altre cose, la fisiologia delle cellule di astroglia.


Lucia Giadrossi
è Professore associato di chimica organica, Università degli Studi di Trieste, Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche. 1995: PhD, Medicinal Chemistry, 1989-1991: Associate researcher, Massachusetts Institute of Technology (USA), 2005: Associate professor of organic chemistry, University of Trieste, 2007: Co-fondatore della spin-off universitaria “SPRIN – Technologies for sustainable chemistry”, 2019-2012: Coordinatore del progetto europeo IRENE (In silico Rational Engineering of Novel Enzymes). Dal 2013: membro dell’Advisory Group della Commissione Europea per l’implementazione di Horizon 2020. Dal 2017: membro del Direttivo del Cluster Nazionale Tecnologico per la Chimica Verde “SPRING” e coordinatore del comitato tecnico scientifico. Dal 2019: membro del Gruppo di Coordinamento Nazionale sulla Bioeconomia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri,

http://cnbbsv.palazzochigi.it/it/materie-di-competenza/biotecnologie/bioeconomia/

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